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Siamo stati tanto bene

Il traghetto attracca al molo di Portoferraio, Isola d’Elba. 

 

Un signore sbuca dal buio della stiva spingendo un vecchio motorino. E’ anziano, magro e distinto: indossa un paio di pantaloni color crema, una spessa cintura di pelle marrone, camicia bianca e mocassini marroni. Si rigira tra le mani un pezzo di carta schiacciata di un pacchetto di sigarette.

In una piscina delle donne dal fisico tonico replicano i movimenti dell’istruttore a bordo vasca. Vola via un cappello. Lo afferra la piccola mano dalle unghie mangiate di Alice. Il vassoio cade a terra rovinosamente, le tazze vanno in mille pezzi. “Accidenti a me, accidenti.”

Inizia a piovere sull’isola. E’ ora di chiusura, è rimasta solo Alice nel bar.

 

“Mi spiace, siamo chiusi.”  “Ha ragione. Mi rincresce disturbarla mi creda. E’ che sono col motorino e… Sto aspettando delle persone, non ci vorrà molto.”

II forte maestrale solleva le onde e le infrange sugli scogli; affiorano immagini di un forse non troppo lontano passato: ci sono due motorini che corrono lungo un viale alberato, due mani rugose che si sfiorano.

Rimane sempre qualcosa.

 

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