NOTTI RANDAGIE
S I N O S S I
Randagi. Temporanei spettatori di una Milano notturna.
LUI fa così: osserva il mondo e le vite degli altri, le assapora, si appropria di tutte quelle storie che in una di queste notti uno dei tanti viandanti avrà voglia o bisogno di raccontare.
Ma sta vivendo davvero? Forse no.
C’è qualcosa di magico in questa notte, qualcosa di diverso: non c’è nessuno in giro per strada, nessuno nei locali.
Sono tutti scappati dal freddo, chiusi, avvolti nel tepore delle proprie case.
Non c’è nessuno. Tranne LEI.
Questa è la notte in cui due randagi si incontrano per caso, si parlano, si osservano, e, così, si riconoscono.
Lei è sola, ma finge di non esserlo, riempiendo la sua vita troppo vuota con l’ingombrante presenza di un uomo sposato che un po’ ama e un po’ no.
C’è bisogno di attaccarsi alla presenza di qualcuno, occupare tempo a seguirne i passi lungo la strada, anche rincorrere una tristezza, pur di non sentire la pesantezza del silenzio che la circonda.
Lui riconosce quella pesantezza del silenzio, che è anche la sua. Ed ecco una piccola, timida speranza, una luce di un lampione isolato nel buio: forse possono farsi compagnia, prendersi per mano e passeggiare insieme.
Ma, si sà, come ogni notte, anche questa poi finisce. Il buio dell’istinto viene meno davanti all’alba di un nuovo giorno di razionalità.
Un nuovo giorno che ti ricorda a quale vita appartieni.
Per Dostoevskji sembra quasi una storia legata al destino. Questa storia invece è forse solo una delle tante opportunità mancate.
Quante notti ancora dovranno passare prima che Lui e Lei possano sognare ma tenendo serenamente gli occhi spalancati?
scritto e diretto da Anna Cecilia Tamburini
fotografia di Alessia Campanotto e Justin Bisson Beck
post-produzione a cura di Luca Damiani
sound design di Emanuele Giuliani
con Teresa Noemi Bove, Alessandro Cognigni
«(…)non mi serve un consiglio sensato,
mi serve un consiglio sincero, fraterno, come se mi voleste bene già da tutta la vita!«
(da “Le notti bianche”, Dostoevskji, 1848)